INVESTIGATORI PRIVATI E AGENZIE INVESTIGATIVE NORMATIVA E SENTENZE


Sicurezza pubblica - Guardie particolari e istituti di vigilanza e di investigazione privata - Fissazione in via preventiva e con carattere di generalità di tariffe minime ed inderogabili per i servizi di vigilanza - È preclusa ai Prefetti.

Nessuna norma di rango primario o secondario autorizza i Prefetti a fissare, in via preventiva e con caratteri di generalità, tariffe « minime » ed inderogabili per i servizi di vigilanza, non potendosi ritenere tali, per l'assenza di qualsivoglia univoca indicazione precettiva in quel senso, gli artt. 9 e 134, t.u. n. 773 del 1931 e l'art. 257 del regolamento approvato con r.d. n. 635 del 1940, pur nel testo all'epoca vigente.
T.A.R.  Napoli  Campania  sez. I
 06 maggio 2009  n. 2373


Pubblica amministrazione - Contratti della p.a. - Appalto di servizi - Gara - Vigilanza privata - Tariffe prefettizie di legalità - Funzione.
Nell'ordinamento vigente non esiste alcuna disposizione normativa, di carattere primario o secondario, che autorizzi i Prefetti a stabilire tariffe minime inderogabili per i servizi di vigilanza, non essendo tali le disposizioni contenute negli artt. 9 e 134, r.d. 18 giugno 1931 n. 773 e 257, r.d. 6 maggio 1940 n. 635, sicché la loro approvazione ha solo lo scopo di impedire che gli istituti di vigilanza possano praticare prezzi più alti di quelli in esse stabiliti ma non impedisce di richiedere prezzi inferiori a quelli minimi.
(Annulla Tar Campania, Napoli, sez. I, 1 agosto 2007 n. 7168).
Consiglio Stato  sez. V  20 aprile 2009  n. 2348
Sicurezza pubblica - Guardie particolari e istituti di vigilanza e di investigazione privata - Attività di « prevenzione e sicurezza » - Sottrazione all'attività degli operatori privati pur se muniti di licenza di P.S.
Compiti riconducibili alle attività di « prevenzione e sicurezza » sono in via di principio 
sottratti all'attività di operatori privati, pur se muniti di licenza di P.S., ai sensi dell'art. 134 Tulps.
(Conferma Tar Campania, 5 novembre 2003 n. 13313).
Consiglio Stato  sez. VI 25 marzo 2009 n. 1787
 

VIOLAZIONE DEL DOMICILIO E DELLE COMUNICAZIONI PERSONALI  Domicilio informatico o telematico (personal computer) in genere legittimazione di custodia cautelare per investigatore privato che acceda abusivamente a sistema informatico. Legittimità ed ammisibilità della carcerazione: conferma. Cfr Art. 615 ter c.p.
Cassazione penale  sez. V   13 febbraio 2009   n. 18006





Responsabilità civile (extracontrattuale, alias aquiliana) - Amministrazione pubblica - In genere - Colpa - Nel caso di mancato rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vigilanza privata ex art. 134, T.u.l.p.s. - Individuazione - Fattispecie.





Integra il requisito della colpa, idoneo a generare l'obbligo del risarcimento dei danni subiti (in presenza degli altri requisiti della sussistenza di un danno effettivo e del nesso causale) il comportamento dell'Amministrazione che abbia omesso di rilasciare, e abbia successivamente rilasciato in ritardo (a seguito di sentenza del Tar, confermata in appello), l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vigilanza privata di cui all'art. 134, r.d. 18 giugno 1931 n. 773 (T.u.l.p.s.) facendo riferimento all'assenza in capo all'interessato del requisito della capacità investigativa nel settore investigativo specifico, oltre che mediante l'apodittica affermazione, fra l'altro reiterativa del disposto del comma 2 dell'art. 136, r.d. n. 773, cit., della presenza sul territorio provinciale di altri istituti di investigazione.
Autorità:  T.A.R.  Latina  Lazio  sez. I Data:  27 ottobre 2008 Numero:  n. 1451




ACCESSO ABUSIVO A SISTEMA INFORMATICO EFFETTUATO DA INVESTIGATORE PRIVATO
In tema di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, la previsione di cui al comma 2, n. 1, dell'art. 615 ter c.p. (fatto commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato , o con abuso della qualità di operatore del sistema), è da qualificare come ipotesi di reato autonoma e distinta da quella di cui al comma 1 dello stesso articolo, relativa al caso in cui l'accesso sia posto in essere da soggetto non abilitato. Vedi anche art. 615 ter Codice Penale e 640 ter Codice Penale.
Cass. Pen. Sez V 30 Settembre 2008 n. 1727

Sicurezza pubblica - Guardie particolari ed istituti di vigilanza e di investigazione privata - Istituti di vigilanza armata - Autorizzazione per l'espletamento del servizio - Art. 134, t.u. n. 773 del 1931 - Diniego - In base a possesso di precedente licenza - Illegittimità



Dal carattere necessariamente personale della licenza di P.S. (nella specie quella per l'esercizio di attività di investigazioni ed informazioni commerciali ) non deve automaticamente discendere l'impossibilità per il medesimo soggetto di essere titolare di più di una licenza, ricadendo, al contrario, in capo all'amministrazione procedente l'onere di eventualmente addurre elementi concreti ed univoci i quali depongano nel senso che la titolarità di una prima licenza precluda l'esercizio in modo effettivamente personale un'ulteriore licenza.
Autorità:  Consiglio Stato  sez. VI  09 settembre 2008 Numero:  n. 4295
L'attività di investigatore privato, volta alla produzione di un servizio di acquisizione di dati e di elaborazione degli stessi, va inquadrata ai fini previdenziali ed assistenziali nel settore del commercio, con la conseguenza che chi esercita tale attività deve iscriversi non alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, l. n. 335 del 1995 - non essendo le professioni intellettuali oggetto di detta normativa assimilabili all'attività professionale svolta dall'investigatore privato - ma nella gestione assicurativa degli esercenti le attività commerciali, in applicazione del disposto della lett. d) dell'art. 49 l. n. 88 del 1989, che, nel classificare ai fini previdenziali ed assistenziali (in forza di una norma generale ed esaustiva della materia, come tale modificabile solo attraverso successive norme speciali) le diverse attività lavorative e nell'includere nel settore terziario quelle commerciali, comprende in esse anche le attività che si concretizzano in una prestazione di servizi.
Cassazione civile , sez. lav., 05 agosto 2008 , n. 21137
Il principio della personalità delle autorizzazioni di polizia risponde dell'esigenza di individuare un soggetto responsabile di fronte all'Autorità di Pubblica Sicurezza; d'altro canto, ciò è compatibile con l'esercizio in forma organizzata, anche in modo complesso, dell'attività di investigazione privata, ma è comunque necessario che l'interessato, titolare della licenza, « sia in grado di garantire un'assidua opera di direzione e sorveglianza sull'andamento delle attività autorizzate ». Ne deriva che, quando il titolare della licenza di investigatore privato intende operare, nell'esercizio dell'attività autorizzata, come rappresentante di un ente collettivo, egli deve disporre non solo del potere di manifestare all'esterno la volontà dell'ente, ma deve essere titolare del potere di gestione, così da poter dirigere e sorvegliare l'attività autorizzata.
T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 29 febbraio 2008 , n. 365
In relazione al chiaro disposto dell'art. 134, T.U.L.P.S. (« senza licenza del Prefetto è vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati »), si ammette pacificamente che l'autorizzazione di polizia per l'esercizio dell'attività di vigilanza privata possa far capo ad una persona giuridica per il tramite del suo legale rappresentante, e che tale ente si articoli a sua volta in più centri operativi, i quali, operando in diversi ambiti provinciali, necessitino di distinti atti autorizzativi.
T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 31 gennaio 2008 , n. 125
La qualità di investigatore, socio accomandante e dipendente di un istituto di investigazioni, coinvolto in mansioni direttive ed amministrative che prevedono il maneggio di somme di denaro e la qualità di vice presidente di un'associazione di supporto alle vittime dell'usura, di per sé considerate e genericamente fatte valere, non configurano il «bisogno» connesso ad esigenze di difesa personale particolarmente pressanti ed evidenti che possono giustificare il rilascio della licenza di porto di pistola per difesa personale.
Consiglio Stato , sez. VI, 21 maggio 2007 , n. 2536
L'art. 136 del t.u. n. 773 del 18 giugno 1931 non contiene riferimento alcuno ad eventuali parametri alla stregua dei quali l'autorità debba valutare la sussistenza del requisito della capacità tecnica del richiedente l'autorizzazione di polizia ex art. 134 t.u.l.p.s. per compiere investigazioni, ricerche o raccolta di informazioni per conto di privati e per svolgere attività di investigazione ex art. 327 bis c.p.p. nell'ambito del processo penale. Ciò determina un ampio margine di discrezionalità della p.a. che, tuttavia, comporta anche una parimenti ampia facoltà probatoria da parte del soggetto istante. T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 05 ottobre 2006 , n. 4204
L'art. 617-bis c.p. punisce il semplice fatto di installazione di apparecchiatura idonea all'intercettazione. Vale la pena di osservare che in tema di installazione, fuori dai casi consentiti, di apparecchiature atte ad intercettare comunicazioni telefoniche, punita dall'art. 617-bis c.p., nel caso di avvenuta installazione - che in base alla suddetta norma, può riguardare anche soltanto «parti» di apparati o strumenti - la responsabilità può essere esclusa soltanto se l'apparecchiatura sia in modo assoluto inidonea all'intercettazione e non pure nel caso di esistenza di eliminabili difetti tecnici dell'apparecchiatura stessa, o errato montaggio del materiale. Dovendosi, invero, avere riguardo all'attività di installazione e non a quella - successiva dell'intercettazione, il reato resta infatti consumato anche se, per una qualsiasi ragione non attinente all'inidoneità assoluta, gli apparecchi non abbiano funzionato, e quindi non si sia realizzata l'intercettazione. La predetta fattispecie poi è autonoma e può, quindi, concorrere sia con quella prevista dall'art. 615-bis stesso codice che sanziona la diversa condotta di chi si procura notizie od immagini, sicché le due ipotesi criminose disegnate dagli articoli si pongono su distinti piani, e cioè sia oggettivo - ben potendo realizzarsi l'intercettazione senza installare apparecchiature, ma semplicemente profittando di quelle esistenti messe in opera da altri - sia quello della ratio sanzionatoria (manifestando superiore pericolosità, degna dunque di più severa risposta punitiva, la specifica condotta di chi appresta sofisticati mezzi aggressivi dell'altrui «privacy»); sia con quella dell'art. 617 c.p., la quale sussiste ove l'intercettazione della comunicazione siasi effettivamente verificata. Mette ancora porre mente che il capoverso dell'art. 617-bis c.p. prevede non un reato proprio -tale potendosi considerare quello che può essere commesso solo da chi abbia una determinata posizione giuridica o di fatto - ma una circostanza aggravante; ciò in quanto il fatto previsto dal suddetto capoverso è identico a quello di cui al primo comma del medesimo articolo, salvo l'aumento di pena previsto per il caso in cui l'autore del reato rivesta determinate qualità, tra le quali la professione di investigatore privato.Tribunale Palermo, sez. V, 26 settembre 2006 , n. 40
Non può essere giustificato come c.d. controllo difensivo e viola l'art. 8 St. lav. il pedinamento del lavoratore tramite agenzia investigativa disposto dal datore di lavoro in assenza di qualunque elemento fattuale che lasci ritenere il mancato svolgimento da parte del dipendente dell'attività lavorativa allorché si reca al di fuori dell'azienda.
Tribunale Milano, 11 agosto 2006 
Cassazione civile , sez. I, 12 aprile 2006 , n. 8512
Il provvedimento prefettizio di autorizzazione allo svolgimento delle imprese di servizi di vigilanza e di investigazione, in quanto espressione del potere-dovere di controllo su tale attività, non può, senza una valida ragione giustificatrice, incidere sul principio del libero svolgimento delle attività economiche riconosciuto dall'art. 41 della nostra Costituzione e dai principi di concorrenza e di apertura del mercato di origine comunitaria. Ne consegue che l'interpretazione degli artt. 134 e 136, t.u.l.p.s. n. 773 del 18 giugno 1931, in quanto disposizioni volte alla regolazione delle attività in parola in un sistema pre-costituzionale ispirato a valori e principi diversi rispetto a quelli consacrati nella Costituzione e caratterizzato dal dirigismo statale delle attività economiche e dalla conseguente c.d. funzionalizzazione dell'autonomia privata nonché da forme di intervento pubblico di regolazione del mercato mediante la pianificazione delle attività private e la correlata fissazione di contingenti, deve essere condotta in modo da salvaguardare la compatibilità di tali regole con i sopravvenuti principi costituzionali e comunitari.
T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 10 marzo 2006 , n. 1890
L'«investigazione d'uso», vale a dire la relazione redatta da un investigatore privato in ordine ad una certa vicenda, costituisce una prova illegale e non ha alcuna efficacia probatoria, in quanto le dichiarazioni di scienza ivi riportate, provenienti da un terzo, sono state formate ai di fuori del processo.e non nel contraddittorio delle parti, a mezzo di prova testimoniale (nella specie, il tribunale ha ritenuto priva di ogni efficacia, anche presuntiva, l'«investigazione d'uso», in particolare neanche proveniente con certezza da un investigatore privato autorizzato, esibita in un giudizio, relativo alla decadenza di un marchio registrato per non uso quinquennale).
Tribunale Napoli, 02 febbraio 2006
La legislazione spagnola, relativamente al riconoscimento delle imprese di servizi e vigilanza  privati  di cui alla legge 23/1992 e al d.r. 2364/1994, pur nell'assenza di una normativa di armonizzazione a livello comunitario, non garantisce la libertà di stabilimento di cui all'art. 43 Ce - oggi art. III-137 del trattato che adotta una Costituzione per l'Europa - e la libera prestazione dei servizi di cui all'art. 49 Ce (oggi art. III-144 del trattato costituzionale europeo). Le limitazioni apposte dal Regno di Spagna per l'esercizio dell'attività di impresa di servizi e vigilanza  privati , specificamente individuate in: requisito della costituzione dell'impresa nella forma di persona giuridica; o possesso di un capitale sociale minimo; obbligo di un deposito cauzionale alla Caja General de Depositos; numero minimo di dipendenti per le imprese del ramo, a meno che non si tratti di imprese che esercitino l'attività nel settore del trasporto della distribuzione di esplosivi; l'obbligo di essere in possesso di autorizzazione amministrativa, non essendo riconosciuti gli attestati di competenza professionale per l'esercizio dell'attività di  investigatore  conseguiti in altro Stato membro; non sono giustificate dalle condizioni previste dalla prassi comunitaria affinché un qualsiasi provvedimento nazionale possa ostacolare o scoraggiare l'esercizio di dette libertà. Le condizioni affinché si possa derogare alle norme di cui agli art. III-137 e III-144 del trattato costituzionale sono rinvenibili in: applicazione delle norme in modo non discriminatorio; soddisfazione di ragioni imperative di interesse pubblico; idoneità al raggiungimento dello scopo perseguito; contenimento di tale deroga nella misura strettamente necessaria per il raggiungimento dello scopo. Corte giustizia CE, sez. I, 26 gennaio 2006 , n. 514




È corretta la decisione del tribunale il quale, confermando una decisione del garante per il trattamento dei dati personali, ritenga illegittime le registrazioni audiovisive di terzi effettuate da un investigatore privato senza il consenso dell'interessato, a nulla rilevando che siano state effettuate in luogo aperto al pubblico. In relazione al provvedimento del Garante che inibisca l'ulteriore trattamento dei dati personali, raccolti in violazione della l. 31 dicembre 1996 n. 675, tanto alla società committente investigazioni private quanto alla società incaricata di dette investigazioni in base ad un contratto d'opera professionale, ciascuna di tali società è individualmente destinataria dell'ordine del Garante; sicché - essendosi in presenza, non di un atto indivisibile, concernente più soggetti unitariamente considerati, bensì di un atto complesso riguardante una pluralità di soggetti, ciascuno dei quali titolare di una situazione giuridica autonoma - non ricorre una situazione di inscindibilità o di dipendenza di cause. Ne deriva che, allorché il provvedimento del tribunale, confermativo della predetta inibitoria, sia stato impugnato per cassazione soltanto da una delle società destinatarie del detto provvedimento, senza la notifica di tale ricorso anche all'altra, ed in particolare nei riguardi di quella committente, che pure aveva preso parte al giudizio promosso dinanzi allo stesso giudice, non v'è necessità, in sede di giudizio di cassazione, di disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti di quest'ultima, versandosi al di fuori dell'ipotesi prevista dall'art. 331 c.p.c.
Cassazione civile , sez. I, 15 luglio 2005 , n. 15076
In tema di segreto professionale, l'ordinamento processuale comprende, tra coloro che non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione della propria professione, gli investigatori privati autorizzati, categoria nella quale rientrano, con riguardo ad indagini effettuate all'estero, anche soggetti stranieri legittimati secondo l'ordinamento del proprio Paese, sempre che esistano disposizioni pattizie relative al riconoscimento del titolo. Anche per tali soggetti, qualora rifiutino di indicare la fonte delle informazioni poste ad oggetto della loro deposizione, è dunque esclusa la punibilità per il delitto di testimonianza reticente. (Fattispecie relativa ad un investigatore privato elvetico, che aveva rifiutato di indicare, deponendo come teste in un procedimento civile, la fonte di informazioni patrimoniali acquisite in Svizzera. In motivazione la Corte ha posto tra l'altro in evidenza le norme che equiparano agli investigatori italiani quelli appartenenti a Paesi dell'Unione europea, e l'accordo intervenuto tra quest'ultima e la Confederazione elvetica relativamente al riconoscimento "dei diplomi, dei certificati e di altri titoli").
Cassazione penale , sez. VI, 11 gennaio 2005 , n. 7387
Nell'ordinamento giuridico italiano non è dato ravvisare alcuna disposizione normativa, di rango primario o secondario, che autorizzi i Prefetti a fissare, in via preventiva e con caratteri di generalità, tariffe minime ed inderogabili per i servizi di vigilanza, non potendosi ritenere tali, per l'assenza di qualsivoglia univoca indicazione precettiva in tal senso, gli art. 9 e 134 r.d. 18 giugno 1931 n. 773, e 257 r.d. 6 maggio 1940 n. 635, mentre le circolari del Ministero dell'interno che hanno introdotto e configurato il nuovo sistema delle tariffe di legalità hanno chiarito che l'atto di approvazione delle tariffe impedisce agli istituti di vigilanza di praticare prezzi più alti di quelli ivi stabiliti, ma non di richiedere compensi inferiori a quelli minimi. Ne consegue che la rilevata mancanza di una previsione espressa che sancisca chiaramente l'effetto automatico della decadenza dal titolo, quale conseguenza della pratica dei prezzi inferiori a quelli più bassi del tariffario, l'assenza di ogni indicazione positiva, anche amministrativa, della valenza autorizzativo-prescrittiva dell'atto di approvazione delle tariffe di legalità e, in sintesi, la carenza di ogni riscontro latu sensu normativo alla tesi che individua un nesso inscindibile tra l'autorizzazione amministrativa all'esercizio dell'attività di vigilanza e l'osservanza del tariffario impediscono, in definitiva, di riconoscere qualsivoglia efficacia diretta del rispetto dei parametri prefettizi dei costi orari della vigilanza sulla valida prestazione dei relativi servizi (fino al formale ritiro dell'atto abilitativo) ed impongono, al contrario, di assegnare alle tariffe di legalità l'esclusiva valenza di canoni di congruità dei prezzi praticati dagli istituti, ai diversi fini del controllo amministrativo sulla serietà ed affidabilità dell'impresa.
Consiglio Stato , sez. IV, 20 settembre 2005 , n. 4816




È lecita la raccolta ed il trattamento dei dati personali diretti ad essere utilizzati a scopo di difesa dei propri diritti, anche se essi avvengano con metodi fraudolenti (nella specie, una agenzia di investigazioni , con modalità artificiose, aveva ottenuto i dati personali del cliente inadempiente di una ditta, da utilizzare per agire in via giudiziaria onde ottenere il recupero del credito).
Tribunale Milano, 10 maggio 2004




L'esistenza di un autonomo potere disciplinare è compatibile con la norma di cui all'art. 5 st. lav. che non preclude al datore di lavoro - escluse le verifiche di carattere sanitario - di accertare, anche attraverso investigatori privati , circostanze e fatti che dimostrino l'insussistenza della malattia o la idoneità della stessa a determinare l'incapacità lavorativa e quindi a giustificare l'assenza.
Tribunale Alba, 05 agosto 2003
Le disposizioni (art. 2 e 3 della legge n. 300 del 1970) che delimitano - a tutela della libertà e dignità del lavoratore, in coerenza con disposizioni e principi costituzionali - la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei propri interessi - e cioè per scopi di tutela del patrimonio aziendale (art. 2) e di vigilanza dell'attività lavorativa (art. 3) - non precludono il potere dell'imprenditore di ricorrere alla collaborazione di soggetti (quale, nella specie, un' agenzia investigativa ) diversi dalla guardie particolari giurate per la tutela del patrimonio aziendale, nè, rispettivamente, di controllare l'adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, ai sensi degli art. 2086 e 2104 c.c., direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica. Tuttavia, il controllo delle guardie particolari giurate, o di un' agenzia investigativa , non può riguardare, in nessun caso, nè l'adempimento, nè l'inadempimento dell'obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l'inadempimento stesso riconducibile, come l'adempimento, all'attività lavorativa, che è sottratta alla suddetta vigilanza, ma deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione (nella specie, l'appropriazione indebita di danaro riscosso per il datore di lavoro e sottratto alla contabilizzazione).
Cassazione civile , sez. lav., 07 giugno 2003 , n. 9167




È legittimo il diniego dell'autorizzazione a gestire un istituto d'investigazioni private, atteso che è in tal caso ragionevole - in considerazione dell'"intuitus personae" che caratterizza le autorizzazioni "de quibus" - richiedere una presenza in sede, se non continua, almeno assai più assidua di quella che potrebbe essere assicurata, ragionevolmente, dal ricorrente, che risiede al nord, e risulta titolare d'altra, analoga, autorizzazione per la provincia di Milano.
T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 03 dicembre 2002 , n. 7164
Premesso che gli art. 38 e 222, d.lg. 28 luglio 1989 n. 271 - recante no rme di attuazione, di coordinamento e transitorie del nuovo codice di procedura penale - hanno introdotto nel nostro ordinamento la previsione di un'attività investigativa specificamente tesa alla ricerca e alla individuazione di elementi di prova da far valere nel contesto del nuovo processo penale e svolta su incarico di un difensore della parte interessata da "investigatori privati autorizzati", deve ritenersi che la suddetta attività - sostanzialmente non coincidente con quella di generica investigazione privata, di cui all'art. 134, t.u.p.s. - abbisogni di un'autonoma e diversa autorizzazione, rispetto a quella ordinaria di polizia, e non presupponga il previo possesso di quella.
T.A.R. Abruzzo L'Aquila, 27 maggio 1996 , n. 178
fonte: Europol investigazioni


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