INVESTIGAZIONI ABUSIVE A PADOVA Spiavano mogli, mariti e industriali «Così vendevo i dati ai detective» La confessione di Merlani: «Ho sbagliato, mi vergogno»


Paolo Merlani è imputato nel procedimento per spionaggio 
(archivio)
Paolo Merlani è imputato nel procedimento per spionaggio.
PADOVA — Di qua gli investigatori privati a caccia di informazioni riservate su mogli, mariti, fornitori, clienti e avversari in genere. Di là lui, l’ispettore di polizia Paolo Merlani, 50 anni, che avendo a disposizione varie banche dati segrete, come quelle dello Sdi (sistema informatico a disposizione delle forze di polizia) e dell’Anagrafe tributaria, forniva soffiate dietro ricompensa: «Sì, è tutto vero, ho percepito del denaro, mi vergogno di quello che ho fatto, non so se avrò ancora il coraggio di indossare la divisa che ho portato in questi 25 anni di servizio, ribadisco voglio spiegare tutti i fatti ».
Alla vigilia del secondo appuntamento con l’udienza preliminare del procedimento sullo «spionaggio», rinviata ieri al 30 giugno per l’impedimento di un imputato, spunta l’interrogatorio fiume dell’ispettore che ha confessato tutti gli addebiti, raccontando come funzionava il sottobosco investigativo e spesso illecito nel quale operavano alcuni detective, in contatto con poliziotti e con dipendenti infedeli delle compagnie telefoniche. Otto davanti al giudice, fra investigatori, collaboratori, poliziotti e un uomo della Vodafone. Reati: corruzione, atti contrari ai doveri d’ufficio e accesso abusivo ai sistemi informatici. In particolare, venivano forniti una pletora di dati sensibili, dai tabulati telefonici ai numeri di cellulare, dagli intestatari di targhe automobilistiche alle segnalazioni di polizia, dalla frequentazioni politiche risultanti dallo Sdi ai rapporti di fornitura di concorrenti aziendali.
Per Merlani tutto iniziò con la scomparsa di un giovane direttore di un supermercato Pam padovano: «Era il 2003-2004, lui aveva 24-25 anni e dopo tre settimane di indagini mi affiancarono un investigatore privato, Maurizio Salvagnin. L’indagine ebbe un buon esito, trovammo il ragazzo che era andato in depressione, e il Salvagnin mi disse: "Se ho bisogno posso disturbarla?". E io: solo se è a fin di bene. Lui poi mi ha voluto incontrare in un bar , mi ha messo 100 euro in tasca, io non ho accettato, poi ho accettato... Dopo 2-3 mesi mi ha chiamato: "C’è un genitore... il figlio ha fatto 4 anni a San Patrignano e adesso lo vede strano, è possibile vedere se magari la Volante l’ha fermato con tossicodipendenti?". Ho fatto accertamenti... Da lì quasi per riconoscenza ho accettato 2-300 euro, mi chiamava, a volte andavo. Fino al giorno in cui mi ha detto: "C’è una ditta che non può vendere pneumatici"». Un salto di qualità. Perché qui l’ispettore ha un po’ esagerato, come sottolinea il procuratore aggiunto di Padova Matteo Stuccilli nel corso dell’interrogatorio. Per arrivare al nome del fornitore e indagare il mercato della ditta in questione, Merlani si è addirittura inventato una denuncia di furto, in modo da poter penetrare l’azienda. Domanda del pm: «Quindi la denuncia è un falso?». Risposta: «Sì». «Ha fatto gli orginali falsi e li ha messi a fascicolo?». «Sì sì». «Quindi ha fatto un fascicolo falso, diciamo? Non c’era alcuna denuncia di Magri Riccardo presentata alla Questura di Padova?». «Esatto». «Ispettore Merlani, mi pare che si sia spinto un po’ troppo in là però, o no?», puntualizza il pm.
Altra impennata: i tabulati telefonici, cioè la lista dei numeri di tutte le utenze in entrata e in uscita da un certo cellulare. Per un investigatore privato un Eldorado. E un po’ anche per lui: «Salvagnin mi chiese di fare un accertamento su questa persona, Renato Nordio (poi deceduto, ndr), sessantenne veneziano, che era in grado di fornire tabulati. Lo contattai e mi disse: "Quando avrai la cosa, i soldi me li mandi su Postpay"». Nordio non era un mago. Pagava una talpa interna al pubblico servizio telefonico che gli dava i documenti. E l’ispettore cosa fa? Lo denuncia? No, l’occasione è ghiotta e così decide di partecipare anche il giro dei tabulati. «Nel mio computer ci sono tutti quelli che ho fatto... Ho lasciato che Salvagnin si autogestisse... Caon (allora assistente capo della Polizia a Padova, ndr) andava a prenderseli e poi mi portava i soldi e io facevo il versamento... L’ultimo che abbiamo fatto, che era un Omnitel, ci ha fatto aspettare venti giorni, un mese, non ricordo. Tanto che pensavamo che non lo facesse più. Poi ci ha chiamato un giorno che eravamo in ufficio, una mattina, e allora praticamente siamo andati assieme allo Sheraton...». Quanto veniva pagato Nordio? «Salvagnin ci pensava direttamente, mi sembra che versasse 750 euro di un mese di traffico, in entrata e in uscita... La prima volta io e Caon abbiamo preso 100 euro a testa, e poi sempre sui 100-150. Invece il Caon li prendeva e poi, quando me li portava, facevo il versamento a Nordio». Ma, contesta il pm, queste operazioni risultano fatte da Paolo Volpin! «No, non esiste, quei dati sono miei». E come ha fatto? «Con una carta d’identità che non esiste». Alle Poste? «Sì». Non la controllavano? «No». Ha lavorato alle Poste? «Sì, le dico, non controllavano». E dove andava? «Di fronte al Tribunale e sulla Riviera». Insomma, l’ispettore era molto attivo. Ma quanto teneva per sè? «Alla fine 3-4mila euro... sa la macchina... il mutuo». Il pm: mi sembrano un po’ pochi per un’attività del genere. «Lo so, perché sono stato... vorrei dire un coglione». 

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