La registrazione di colloqui privati non è intercettazione in senso giuridico

È utilizzabile, anche senza che vi sia stato un provvedimento dell'autorità giudiziaria, il contenuto di colloqui privati registrati da uno degli interlocutori, a nulla rilevando né che la registrazione sia stata da lui effettuata su richiesta della polizia giudiziaria, né che egli stesso agisca utilizzando materiale da questa fornito ovvero addirittura appartenga alla polizia giudiziaria, sempre che il partecipante si limiti solo a registrare (…) la conversazione, senza utilizzare apparecchi mediante i quali terzi estranei e, in particolare, la polizia possano captarne il contenuto durante il suo svolgimento e procedere all'ascolto diretto, perché in tal caso sussisterebbe una vera e propria intromissione nella sfera di segretezza e libertà delle comunicazioni costituzionalmente presidiata e si realizzerebbe indirettamente una intercettazione ambientale senza la previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
   2. Anche la registrazione ad opera della polizia giudiziaria dei colloqui con le persone informate sui fatti non costituisce attività d'intercettazione in senso tecnico, perché proviene da uno dei soggetti che ha partecipato alla conversazione, ma integra una legittima modalità di documentazione fonica, che non lede alcun principio costituzionale pur quando è realizzata in modo occulto, in quanto la Costituzione tutela la libertà e la segretezza delle comunicazioni, non la loro riservatezza.

Cassazione, Sez. II, 8 marzo 2010, n. 9132

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