microspie e intercettazioni permettono a Prato maxi blitz

Scene da un rastrellamento, quello iniziato di buon mattino nel cuore di Chinatown, il primo in grande stile nel centro urbano. Un esercito di divise che dalle 8,30 ha cinto d’assedio i 250 metri di via Rossini sigillando la strada alle due estremità: 28 confezioni sequestrate, 198 persone controllate, di cui 65 clandestini.
PRATO. Li hanno visti scappare in pigiama poco dopo le 9. Sono usciti da uno dei tanti cancelli che proteggono gli “stanzoni” dei cinesi lungo via Rossini, a Prato; si sono incamminati sul marciapiede, diretti chissà dove, certamente il più lontano possibile dalle divise dei poliziotti e dei carabinieri che stavano bussando a tutte le porte, mentre l’elicottero ronzava sulle teste.

Scene da un rastrellamento, quello iniziato di buon mattino nel cuore di Chinatown, il primo in grande stile nel centro urbano dopo quelli che a cadenza settimanale sono stati compiuti nei mesi scorsi al Macrolotto industriale e nei pronto moda di periferia. La risposta, se vogliamo, alle minacce firmate Br-Pcc arrivate il 5 gennaio al sindaco Roberto Cenni e all’assessore alla Sicurezza Aldo Milone, accusati di prendersela «col nuovo proletariato cinese ». «Se avevano pensato di intimidirci - sbotta Milone mentre percorre a piedi via Rossini - hanno sbagliato i loro calcoli». 


Ancor prima che passasse dal centrosinistra al centrodestra lo hanno soprannominato lo “sceriffo” per la sua determinazione nella lotta ai clandestini cinesi. E a giudicare da come viene accolto dalla minoranza italiana di via Rossini, qui sentono il bisogno di un uomo forte con la stella sul petto. Lo ringraziano, gli stringono le mani, lo incoraggiano a continuare.

Al rastrellamento hanno preso parte oltre 120 tra poliziotti, carabinieri (decine di rinforzo da Firenze e Bologna), finanzieri, vigili urbani, perfino agenti della Forestale, senza contare il personale di Inps, Asl, Direzione provinciale del lavoro e pompieri. Un esercito di divise che dalle 8,30 ha cinto d’assedio i 250 metri di via Rossini sigillando la strada alle due estremità. Una specie di tonnara incruenta dalla quale solo pochi cinesi clandestini (quelli visti scappare in pigiama) sono riusciti ad allontanarsi senza essere fermati e identificati.

I risultati dell’operazione, diffusi nel tardo pomeriggio, sono eloquenti: 28 confezioni controllate e tutte sequestrate per gli abusi edilizi (la realizzazione di dormitori illegali per gli operai), 198 persone controllate, di cui 65 clandestini (sette di loro sono stati arrestati perché già intimati a lasciare l’Italia), un confezionista cinese arrestato per lo sfruttamento della manodopera, 550 macchine da cucire sigillate, 100 bombole di gpl rimosse, 51 contestazioni in materia di sicurezza sul lavoro. I cinesi hanno fatto il callo da tempo a questi controlli e anche ieri non hanno battuto ciglio, in attesa di essere portati in Questura per l’identificazione.

Molti clandestini sono stati rilasciati in serata, altri oggi dopo il passaggio davanti al giudice. Pochissimi, forse nessuno finirà in un Centro di identificazione ed espulsione, anche perché quando c’è da cercare un posto, viene data priorità ad altri clandestini più facili da espellere, come i nordafricani. Il vero danno per loro è aver perso la precaria sistemazione che gli garantiva vitto e alloggio, ma il guanxi, la rete di solidarietà amicale e parentale, è fortissima.

«Stasera? Andrò a stare da un amico» spiega un operaio mentre finisce di caricare la macchina con tutti i suoi averi. Gli italiani li guardano dalle finestre e non nascondono la propria soddisfazione. «Se avessi i soldi per un’altra casa sarei già andato via - spiega uno che abita sopra una delle confezioni controllate - Qui non si campa più, e tutte le volte che vengono a fare i controlli, poi i cinesi danno la colpa a noi».

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