software spiare pc facebook spiato da polizia smentita

Soltanto tre settimane fa scrivevamo di come i rappresentanti di Facebook e quelli della Polizia italiana si fossero incontrati per definire una serie di linee guida ideate per contrastare i criminali che sfruttano il social network per le loro attività. Oggi l'home page del sito di Repubblica riporta un titolo veramente inquietante: "La polizia ci spia su Facebook". Secondo quanto si legge poi nell'articolo, pubblicato in realtà su una pagina del sito de L'Espresso, gli accordi tra gli agenti e il social network andrebbero ben oltre una semplice serie di regole e procedure da seguire per prevenire e contrastare il crimine, ma comprenderebbero la consegna delle "chiavi di casa" di tutti gli account italiani alla Polizia.

Consente di commutare delle telecamere analogiche in telecamere digitali e inviare immagini via internet.
consente di spiare il proprio pc quando siamo assenti e non vogliamo che sia utilizzato.
L'articolo parla proprio di "una serie infinita di controlli sulle pagine del social network senza dover presentare una richiesta della magistratura" - deroga alle leggi spiegata direttamente dalla Polizia Postale, secondo l'autore, come una necessità per poter agire tempestivamente - e di intenti che "di fatto consegnano alle forze dell'ordine il passepartout per aprire le porte delle nostre case virtuali", permettendo agli agenti di "sbirciare e registrare i quasi 17 milioni di profili italiani di Facebook" senza aver bisogno dell'autorizzazione di un PM.
L'accusa, se fosse vera, farebbe impallidire tutte le violazioni della privacy contestate sin qui a Facebook, e metterebbe in un'imbarazzante posizione la Polizia stessa, che si sarebbe arrogata il diritto di scavalcare non solo le norme che proteggono la riservatezza dei cittadini e ma anche quelle che regolano la conduzione delle indagini.
L'idea che ci siamo fatti è che il giornalista che ha scritto l'articolo abbia ricamato un po', partendo dal dato concreto secondo il quale nuove modalità di cooperazione sono nate a seguito dell'incontro di Polizia e social network. Oppure il giornalista è a conoscenza di particolari che nessuno conosce e che, se fossero veri, sarebbero gravissimi.
Gli agenti avranno anche accesso, d'ora in poi, a tutte le informazioni necessarie a reprimere i reati commessi online. Ma da qui a dire che possono infiltrarsi e curiosare in tutti i profili c'è una bella differenza. Se è davvero così, che l'accusa venga provata e non lanciata nel vuoto e basta.
Una conferma indiretta di questa ipotesi viene dall'imprecisione che apre l'articolo pubblicato sul quotidiano online: vi si afferma che i dirigenti della Polizia postale si sarebbero recati in California, presso la sede di Facebook, proprio per concludere il patto di collaborazione.
Eppure tutti, da Facebook alla Polizia stessa sul proprio sito, fino a quanti hanno a suo tempo riportato la notizia, spiegano che invece è successo il contrario: sono i dirigenti di Facebook che da Palo Alto per due giorni si sono trasferiti a Roma per incontrare le autorità italiane.
Sarà forse una piccolezza ma ci sembra quantomeno possibile che un'imprecisione del genere apra la porta a più consistenti variazioni sul tema. L'articolo continua sotto
L'articolo poi prosegue citando la creazione di falsi profili da parte delle forze dell'ordine per stanare i criminali e ottenere informazioni su eventi potenzialmente illegali, ma questa non è una novità né è legata all'affermazione di apertura, che è di tutt'altro tenore.
Certo, si citano poi investigatori anonimi che avrebbero ottenuto accesso a profili riservati di centinaia di utenti, ma si precisa anche "grazie alle autorizzazioni della magistratura".
Solo alla fine l'articolo torna al tema iniziale, ma in maniera vaga e sempre citando quest'accordo di cui, per ora almeno, non v'è traccia.
Aggiornamento
Un lancio ANSA delle 16:30 di oggi dimostra che avevamo ragione a dubitare. La polizia "non può accedere ai profili degli utenti di Facebook, se non dopo un'autorizzazione del magistrato e con l'utilizzo di una rogatoria internazionale". Lo precisa il direttore della polizia postale e delle comunicazioni, Antonio Apruzzese, in riferimento all'articolo dell'Espresso.
fonte zeusnews

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