Champions a Di Matteo!



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E adesso mandatelo via da lì, se ne siete capaci. "There's only one Di Matteo", cantavano i tifosi in maglia blu pazzi di gioia, alla Fussball Munchen Arena, proprio nell'istante in cui Michel Platini premiava il giovane tecnico italiano del Chelsea. Due mesi e mezzo al timone dei Blues sono stati sufficienti per avviare una serie di miracoli che hanno portato due trofei a Stamford Bridge, in una stagione che sembrava nata sotto una cattiva stella. E non proprio due coppette del nonno: la FA Cup è il torneo calcistico più antico del mondo, la Champions League consegna all'immortalità sportiva un club che la vince per la prima volta.

Il magnate russo proprietario del Chelsea, invece di pensare a un dopo-Di Matteo, forse farebbe bene a cercare di trattenere a Fulham Road il signor Didier Drogba, che pare pronto a iscriversi al corso di cinese, magari in classe con Marcello Lippi. L'ivoriano avrà anche 34 anni suonati, ma per ora è lui che le suona ancora a tutti. La Champions l'aveva respinto tante volte a un passo dal traguardo, tra rabbia e cartellini rossi: stavolta non ha voluto sentire ragioni e si è preso la scena di prepotenza, dal minuto 89 fino all'ultimo rigore.

Qualcuno, per la verità, ha provato a rubargli i riflettori. Manuel Neuer non ha perso il duello con un enorme Petr Cech: dopo le imprese del Bernabeu, il portierone della nazionale tedesca stava per oscurare i capolavori del collega ceco, parando un rigore a Mata e poi segnandone addirittura uno lui stesso. Non è un inedito: al Media Day pre-finale, al centro tecnico di Sabener Strasse a Monaco, aveva raccontato di aver sempre amato calciare dal dischetto, ai tempi delle giovanili nello Schalke 04. E di aver smesso da professionista solo perché, a suo parere, altri suoi compagni se la cavavano meglio di lui. Anche il gigante biondo, però, ha dovuto inchinarsi a Drogba, che prima gli ha fatto gol di testa e poi lo ho spiazzato con il penalty che ha dato la coppa ai Blues.

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